giovedì 8 novembre 2007

Scrivono di Noi
Osservatore Romano del 20/10/2007
riportiamo l'articolo a firma del conservatore della sezione etrusca dei Musei Vaticani
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A Tolle di Chianciano Terme la più grande necropoli orientaleggiante e arcaica dell'Etruria settentrionale interna.

Nelle figurazioni delle anfore funerarie il viatico verso l'incognita realtà ultrà mondana


"Tutti vasi antichi sono etruschi". Nel suo dizionario dei luoghi comuni, Gustav Flobert, con elegante e concisa ironia, faceva il punto su un'annosa questione, già chiarita da diverso tempo nel mondo accademico, ma ignorato dai più, le straordinarie e incalzanti scoperte del primo 800 in Etruria, avevano in qualche modo egemonizzato l'immagine dell'antico, al punto da far considerare etrusco tutto ciò che nelle tombe si rinveniva, anche le ceramiche figurate di importazione: in realtà greche di nascita ma etrusche di adozione.
Non bisogna comunque cadere nell'errore inverso, poiché già nelle più antiche raccolte, accanto ai capolavori della ceramica greca, erano presenti vasi genuinamente etruschi questi, che apparivano sicuramente di uno stile più imbarbarito e corsivo, hanno rappresentato, sino a tempi recenti, se non un ministero almeno un problema, in quanto a classificazione, datazione, interpretazione, poiché per buona parte ne erano ignoti i contesti di provenienza.
Chi nel corso dell'estate appena conclusa a avuto la felice opportunità di vagare per la campagna senese, fuori dai percorsi del turismo di massa, potrebbe essersi imbattuto in una piccola mostra, intitolata " immagini etrusche: tombe con ceramiche a figure nere alla necropoli di Tolle a Chianciano Terme, e allestita a Castelluccio la Foce, non lontano dalla più nota città termale.
Di questa mostra, forse sfuggita a molti, resta ora il bel catalogo scritto da Giulio Paolucci, per i tipi di Silvana Editore. Con una presentazione gradevole, che aggira il taglio tematico ristretto, viene focalizzato un momento della storia di questa parte il territorio di Chiusi in età tanto arcaica. Negli anni grosso modo coincidenti con il regno di Porsenna..
Si tratta in realtà dell'epilogo di un più ampio scenario narrato dalla necropoli di Tolle che costituisce, con oltre 700 tombe scavate sino ad oggi, la più grande necropoli orientaleggiante e arcaica dell'Etruria settentrionale interna. Salvatasi dalle spoliazioni degli scavatori clandestini, questa vasta evidenza è oggetto da oltre un decennio di un paziente scavo e studio sistematico cura del Museo civico archeologico di Chianciano terme, diretto dallo stesso Paolucci.
Le sepolture tardo arcaiche della necropoli di Tolle appaiono in ideale unità con le usanze delle epoche precedenti. Si pensi ai più antichi ossuari antropomorfi, ne sono stati rinvenuti un centinaio nella necropoli, il cui rito della incinerazione appare mitigato dalle fattezze umane assunte dal vaso, che poteva indossare anche ornamenti ed essere vestito, occupando un suo determinato spazio come simulacro, come persona, nell'ambito della sepoltura.
Nella mostra sono state presentate 11 tombe che si datano tra il 530 e il 480 a.C. con sorpresa si è scoperto che quelle anfore dipinte a figure nere dai ceramografi etruschi, che facevano ben misera mostra di sé nelle impolverate raccolte ottocentesche, erano in realtà degli ossuari, stando proprio ai recenti ritrovamenti.
Nel sepolcro di Tolle le tombe che utilizzano anfore dipinte come ossuari sono di due tipi: a buca e a camera. Mentre le prime sono delle semplici fosse coperte da una lastra di pietra, le tombe a camera presentano una pianta vagamente quadrangolare, preceduta da un dromos. In questi piccola ambienti, l'anfora ossuario, chiuso da un coperchio o da una kylix (coppa per bere il vino), occupava il posto d'onore, posta quasi sempre al centro, talvolta su una lastra di pietra, insieme ad oggetti altamente significativi della pratica del simposio.
In qualche caso sono state rinvenute coppe importate dall'Attica, insieme a strumenti di bronzo di produzione etrusca, come il colino che servirà per filtrare il vino. Una papera alludeva invece alla cerimonia della libagione, cioè dell'offerta del vino alle divinità.
Attraverso la pratica ellenica del simposio, prerogativa del cittadino di rango in Grecia come in Etruria, il defunto continuava a partecipare per l'eternità a questo particolare momento aggregante per una famiglia e il gruppo sociale di appartenenza, senza tralasciare gli elementi rituali simbolici legati al mondo del vino, quel "vino lucente" che nell’Iliade viene versato per spegnere la pira funebre di Patroclo. Ma l'anfora, ultima dimora del corpo, diviene anche il supporto di un programma figurativo, di un’icona cui è affidato un messaggio, assumendo in forma più povera e sintetica lo stesso ruolo ricoperto dai grandiosi cicli storici delle tombe tarquinesi. Un'anfora della vicina necropoli delle Pianacce di Sarteano, ritroviamo scene di caccia di uccelli, al contempo un'immagine di vita e allegoria della morte. Gare atletiche, simbolo di una vita intensa come agone, ricordo al contempo di giochi funerari che si svolgevano in onore del defunto. Un'anfora cinerario recava due giavellotti di ferro infilati nell’ansa sinistra, quasi a personificare il defunto fissato nel suo ultimo lancio, scagliato verso l'eternità; ai suoi piedi era una fuseruola, dono silenzioso della sua donna.
Di altre figure possiamo intuire la valenza simbolica, come i felini plurimammellati che ritroviamo dipinti anche sui frontoni delle tombe di Tarquinia. Danzatrici si esibiscono in una danza ritmata: essendo talvolta alate, ci ricordano che la loro danza si svolge in un mondo che non è più il nostro. Grandi uccelli svolgono la loro funzione di tramite nel mondo degli dei; altri esseri alati, sfingei, sirene, riportano con più insistenza al mondo infero.
Non mancano i riferimenti allegorici al mondo di Dioniso, Fufluns etrusco, divinità ambivalente legata anche al mondo dell'oltretomba per essere colui che libera la madre Semele dagli inferi, mentre i satiri e menadi danzanti celebrano le pulsioni vitali e il ritorno alla vita. Anche Eracle, eroe divino particolarmente caro agli etruschi ai popoli italici, compare nelle sue imprese che lo condurranno alla definitiva divinizzazione: per raffigurarlo era forse ben ricordato per il suo ritorno vittorioso dal regno di Ade, quando cattura Cerbero o libera Alcesti.
In questa necropoli come altrove in Etruria, delle tombe sono state rinvenute anche uova che venivano offerte alle divinità ctonie, come allusione alla rinascita del mondo infero. Rinascita efficacemente evocata dalla Gorgone decapitata da Perseo, da il cui collo nascono Pegaso e Crisaore: ancora la vita dalla morte.
Il naufragio del mondo antico, con la perdita della letteratura e dei libri sacri di etruschi, ci ha privato di una messe di informazioni. Trovandoci dinanzi alle loro ultime dimore, cogliamo dei messaggi non scritti che in parte ci illuminano sulle loro concezioni religiose. Prima ancora che messaggi alla posterità, queste immagini ci appaiono nella loro funzione primaria attribuitagli dagli uomini che le produssero: un viatico verso l'incognita realtà ultramondana, una speranza di salvezza e di "rinascita"

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